Le mille facce del Nebbiolo

Il Nebbiolo è il vitigno principe del Piemonte, ma non abbiamo fonti sufficienti a definire le origini del nome. Sappiamo che il termine “Nebbiolo” compare per la prima volta in una guida ampelografica del 1200, anche se questo vitigno farà la sua fortuna più avanti, nel 1600, grazie alla famiglia dei Savoia: sarà proprio il gioielliere della famiglia Reale, Giovanni Battista Croce, a citarlo in uno dei suoi trattati di studio perchè molto apprezzato dalla famiglia reale.

L’attuale fama di cui oggi gode il Nebbiolo gli fu però attribuita da Camillo Benso Conte di Cavour, che nel 1830 grazie all’aiuto dell’enologo Odart, creò quello che è ancora oggi considerato il Re dei vini italiani: il Barolo. I pochi documenti che si hanno a disposizione non permettono di definire esattamente le origini del nome, ma si sono sviluppate due scuole di pensiero che ancora oggi si dibattono sulle origini del “Nebbiolo”.

Secondo la prima corrente di pensiero, sostenuta dal Croce, il termine Nebbiolo deriverebbe dal latino “nobilis”, “nobile”, perché questa varietà di uva è utilizzata per la produzione di vini “nobili”, “prestigiosi” e “aristocratici” come il Barolo e il Barbaresco. Altri, invece, sostengono che il nome possa derivare da “nebula”, ovvero “nebbia“. Questo sia perchè l’acino scuro è coperto da una sostanza naturale, la pruina, che lo fa sembrare sporco ed “appannato”, o più probabilmente è riferito al periodo di vendemmia dell’uva: il Nebbiolo è infatti un vitigno molto delicato ed esigente che richiede una lunga maturazione, motivo per cui è una delle ultime uve ad essere colte, spesso nel periodo delle prime nebbie autunnali. Questa ultima ipotesi è la più accreditata, e se pensiamo che molto spesso su siti o riviste turistiche il Piemonte viene rappresentato con foto di colline avvolte nella nebbia, cioè rende questo vitigno ancor più simbolico della regione di appartenenza.

Sappiamo per certo che il Nebbiolo è un vitigno autoctono del Piemonte, le cui prime tracce risalirebbero al 1300 nelle zone delle Langhe, vicino ad Alba. In questa zona il terreno è composto da marne calcaree, una composizione idonea alla crescita di questo vitigno, ed è qui che questo vitigno da vita ai due vini rossi italiani più nobili e prestigiosi: il Barolo ed il Barbaresco, ottenuti da una percentuale totale di quest’uva. In quest'area il Nebbiolo riesce ad esprimersi al meglio, con una potenza, complessità e predisposizione all’invecchiamento non raggiungibili in altre zone.

Il Roero è la seconda zona piemontese di maggior diffusione di questo vitigno, ma il Nebbiolo è anche coltivato in provincia di Cuneo, nel Canavese, in provincia di Torino (in particolare nel comune di Carema) e nell’alto Piemonte, nelle province di Biella, Vercelli e Novara, dove è chiamato “Spanna”. Tra le province di Novara e Vercelli troviamo, prodotti in zone molto limitate, gli interessanti Gattinara e Ghemme DOCG: qui i terreni sono meno calcarei e argillosi e più ricchi di roccia rispetto a quelli delle Langhe, per la produzione di vini particolarmente fruttati e floreali, molto minerali e con tannini gentili.

Questi vini presentano livelli qualitativi notevoli a prezzi spesso più accessibili rispetto ai rinomati cugini langaroli. Sempre tra le provincie di Novara e Vercelli, oltre alle già citate DOCG, troviamo anche DOC che vale la pena di citare come Boca e Carema, quest’ultima a confine con la Valle d’Aosta.

Uscendo dal Piemonte troviamo in Valtellina (Lombardia) un’altra zona dove, oltre alle Langhe, il Nebbiolo riesce a raggiungere livelli di eccellenza assoluta: qui questo vitigno è chiamato Chiavennasca, a riecheggiare i ripidi terrazzamenti di montagna dove crescono le viti, che daranno vita a vini di grande complessità ed eleganza, prodotti in quantità molto limitate.

I grandissimi vini DOCG Valtellina Superiore come lo Sforzato, l’Inferno, il Valgella, il Sassella, il Grumello, sono caratterizzati da tipici profumi floreali e terrosi, oltre che da un’incredibile freschezza e sapidità conferita dal terroir di Montagna.

Restando sulla tematica dei vini di Montagna, il Nebbiolo è capace di esprimersi bene anche in Valle d'Aosta, nella zona a sud-ovest che si trova a confine con il Piemonte. Qui si trova un fondovalle alluvionale di origine glaciale dove spiccano due zone particolarmente vocate alla coltivazione di questo vicino, qui chiamato Picotendro: Arnad-Montjovet e Donnas. I vini rossi da Picotendro crescono sui tipici terrazzamenti di Montagna e può essere vinificato in purezza o con altri vitigni come il Neyret, il Fumin, la Freisa e il Vien de Nus. Sono vini di grande qualità ed eleganza, predisposti ad un lungo invecchiamento. Regalano profumi molto intensi ed eleganti di frutti di bosco e marasca, note balsamiche, cuoio, tabacco e frutta secca. Il sorso è strutturato ma molto fine, con un tannino presente e vellutato.

Il Nebbiolo è senza dubbio uno dei vitigni più affascinanti di tutta l'Italia, sia per la sua nobiltà che per le mille varianti che si trovano. Sarebbe molto interessante poter confrontare diversi vini dal medesimo vitigno e scoprire quanto i differenti terroir possono variare sulle caratteristiche di un vino.

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